Il ruolo di direttore sportivo spesso viene ''relegato'', dai tifosi, a quello di colui che ''fa la squadra'', che costruisce la stessa nel mercato estivo  e quello invernale, che prende i giocatori in prestito o a titolo definitivo, che ingaggia svincolati di lusso o che vende qua e là, allacciando rapporti con altre società. E invece no, non è cosi.  Giaretta infatti, probabilmente ha perso le scommesse Jaadi e Lazzari, ancora corpi estranei alla squadra. Ha ancora il punto interrogativo su Gatto e Gigliotti, ma per trasformarli in esclamativi, c'è bisogno di tutto ciò che il direttore ha fatto in questa settimana. Ovvero, strigliare anche nei giusti metodi la squadra, mettere lo spogliatoio di fronte alle proprie responsabilità, per non veder fallire un progetto. L'Ascoli di Brescia, aldilà dei demeriti tecnici e tattici sul quale può intervenire l'allenatore, ha denotato un atteggiamento a tratti irritante, mollo, demotivato. E siccome la valanga va stoppata in tempo, la società, nella voce del ds oltre che di Cardinaletti, si è fatta sentire col gruppo nei metodi adatti. Il direttore sportivo ha toccato quelle che sono le corde giuste all'interno del gruppo,ha saputo rimettere tutti in discussione, alle porte del mercato di Gennaio, ha usato il giusto metodo all'interno di quel luogo sacro che è lo spogliatoio. E ha avuto ragione, in ogni termine. Dimostrando che nel calcio si può sbagliare un acquisto, se ne possono sbagliare due, tre. Ma che se sei in quel mondo da una vita, difficilmente sei uno sprovveduto. E ha dimostrato, Giaretta, che non è qui solo per il biennale offertogli da Bellini o solo perchè è un raccomandato da Pozzo come dicono i maligni, ma perchè  è uno che aldilà di tutto, il suo mestiere sa farlo. L'Ascoli di Avellino, tornando al campo, ha mostrato che ha carattere. La difesa per un ora ha fatto bene il suo dovere. Lanni si è ben distinto in diverse circostanze, Augustyn e Mengoni, tolte un paio di sbavature nel finale, quando la paura di vincere l'ha fatta da padrone,hanno retto bene l'urto di temibili attaccanti come Ardemagni e Castaldo. Almici è tornato, ormai da diverse partite, il giocatore che ad Avellino i tifosi avevano ammirato (quelli verdi) e che nello scorso girone d'andata tutti hanno apprezzato. Mignanelli ha mostrato alcune lacune, ma si è distinto per voglia e abnegazione per tutto l'arco del match. In mezzo al campo, senza Addae e Bianchi, è spuntata la caratura di Carpani, Cassata e Giorgi, fondamentale quest'ultimo nel dettare i tempi e dare personalità al reparto. Gatto e Orsolini poi, a tratti sono apparsi imprendibili. Il primo specialmente, ha trovato un gol che potrebbe davvero sbloccarlo. Perchè dopo un buon inizio, il furetto ex Lanciano aveva denotato un periodo di appannamento, che lo aveva quasi trasformato in un equivoco, un problema per la squadra. Aglietti ha ritrovato il giocatore che conosceva. Cosa dire invece di Cacia ? Niente, semplicemente nulla, perchè ormai tutto è superfluo. 125 realizzazioni in cadetteria, nonostante le precarie condizioni fisiche, nei momenti decisivi il goleador calabrese c'è sempre, giocatore di personalità e carisma, giocatore pesante nei momenti che contano. La storia è ora a portata di mano, 10 reti solamente da Stefan Schwoch, primo di tutti i tempi. Aglietti può sorridere, ha ritrovato la squadra e soprattutto il gruppo, il suo gruppo, quello messo in dubbio dopo Brescia, quello che è determinante per ottenere risultati a lungo termine.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 04 dicembre 2016 alle 11:58
Autore: Manuel Fioravanti
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