Ci siamo lasciati male. Cosi come due amanti che si amano, ma non sono felici. Doveva esser l’appuntamento del ritrovato amore, che a fine serata porta a quell’orgasmo passionale. Ma abbiamo chiuso gli occhi in letti diversi, in una notte senza né piacere né sonno.

[Ora è buio ed è vuoto intorno/E alla fine sai che non dormo]

Abbiamo varcato il confine sud del nostro territorio per vivere una domenica di festa. In mille, tra bimbi, ragazzi, famiglie e simpatici anziani. Con sciarpe, bandiere, drappi, divise, e gli zaini pieni “de magnà e beve”. Si, perché l’Asculà lu magnà se lu porta da casa, non si mette a far la fila dal paninaro abruzzese che vende gli Hot Dog. Non è una questione di esser tirchi, è solo che le nostre mamme e le nostre nonne lo zaino te lo riempiono mentre tu stai decidendo ancora quale delle svariate sciarpe cingerti attorno al collo. Perché semplicemente la loro partita è quella: prepararti alla partita.

Mentre lo stadio si stagliava all’orizzonte di una losca pineta, eravamo circondati da pattuglie di pulizia con quelle flashanti luci blu. E sopra i nostri occhi, elicotteri a contenere e sorvegliare la passione di un popolo che voleva dare spettacolo nello spettacolo. Eh già, sembrava la regia di quei film fighi, di quelli che ti gasano, di quelli che al ciak, tutti si mobilitano perché arrivi tu, anzi, perché arriviamo noi.

Quanto è bello entrare in uno stadio insieme a tante altre persone, che sono innamorate e sognano come te di vivere quegli attimi di esultanza ed euforia che la routine quotidiana tende a soffocare. Appena finite le scalinate, si spalancano il verde del terreno di battaglia e i colori dell’avversario che si è venuto a fronteggiare. Perché su quei gradoni le emozioni sono come una foglia d’autunno che cade con quel suo modo indecifrabile, sono come un pendolo che non pende mai da un’unica parte, sono come un boomerang che quando torna indietro se non lo sai afferrare ti taglia a metà. Perché lo stadio di chi ti ospita ha sempre il suo fascino, merita sempre rispetto, ha sempre quella magia da conquistare. Molti vedono i tifosi come sfigati che vogliono sfogare le loro paure e depressioni, che non hanno altra ideologia che una bandiera da sventolare. Quei molti non immaginano però, che tra tifoserie opposte c’è più rispetto umano di quello affettato e mascherato che quotidianamente si ha sul posto di lavoro o in giro nei supermercati.

Sezione: Copertina / Data: Lun 02 marzo 2020 alle 19:33
Autore: Massimo Virgili
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