Sua santità Nikola Ninkovic. Nato in Serbia il 19 Dicembre 1994, segue l’orma della Tigre fin da piccolo. Mai domo, cresce nell’esercito del Partizan, e poi emigra da soldato temprato in Italia a cercar miglior fortuna.

Come tutti diversi santi prima della santificazione, non si comporta da angelo. Ad Ascoli alterna genio a sregolatezza, fa casino e fa casini. A gennaio sembra destinato all’esilio, ma resta. Come una tigre in gabbia affronta la breve vita di Stellone in panchina, e attende l’arrivo del nuovo condottiero all’orizzonte. Fu così che giunse Dionigi da Sparta e Nikola partita dopo partita si converte a giocatore imprescindibile, nella testa, nel cuore e nello spirito. La consacrazione avviene in Ascoli – Pordenone, anno 2020.

Il volo dell’angelo: Cross vemente da destra dell’eterno Cavion, e volo felino del numero 11. Palla scagliata sotto la traversa. E gli occhi serbi diventano fuoco.

La zampata della tigre: Azione da sinistra, rientro sul destro e staffilata verso la porta. Graffio violento di un pareggio tutt’altro che banale e scontato. Di sicuro di enorme importanza. È stata la tigre ad azzannarlo.

E poi una serie di giocate, di sguardi, di rincorse, di capitomboli a terra, di rabbia. Ma i sorrisi? Quelli mai, i santi non ridono, e quelli serbi mordono.

San Nikola da Ninkovic, ora pronobis.

San Nikola da Ninkovic rimani con noi.  

#inasculofuroromniserupit

Sezione: Editoriale / Data: Ven 24 luglio 2020 alle 23:56
Autore: Massimo Virgili
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