Lo si può ammettere candidamente, senza giri di parole, senza fare troppe tarantelle : abbiamo sbagliato. Chi scrive in primis, chi ci ha creduto in secondo luogo. Abbiamo clamorosamente e nettamente sbagliato. La vittoria col Cittadella, seppur dopo un primo tempo di dubbia qualità tecnica, ci aveva finalmente consegnato, o fatto credere di averci consegnato, un Ascoli che finalmente(scusate la ripetizione )avesse capito le difficoltà di questo torneo, una squadra capace di soffrire e tenere botta in blocco quando c’era da stringere i denti nei momenti di difficoltà che inevitabilmente si attraversano nell’arco di una gara. Ma soprattutto, di averci consegnato una “squadra”. E ci eravamo sbagliati. Si, perché quei difetti che in quei novanta minuti avevamo pensato di aver definitivamente eliminato, erano stati solamente messi da parte come polvere sotto a un tappeto. Puoi scansarla, puoi calpestarlo il tappeto stesso coi piedi e puoi spostarlo. Ma prima o poi quella polvere riemerge. E ieri la polvere è riemersa in maniera forte, prepotente, inconfondibile. L’Ascoli non è squadra. L’Ascoli il 22 Dicembre, dopo sei mesi di lavoro, sta commettendo il più grave peccato che una compagine possa commettere : non essere squadra. E non essere squadra non si intende nel gioco. Perché tu puoi anche giocar male, vincere con una giocata di un singolo ma comportarti ugualmente da squadra nei momenti delicati del match. Non essere squadra si intende in tutto. Nelle idee, nel modo di stare in campo, nel difendersi e nell’attaccare. Nel comunicare sul rettangolo verde, nell’aiutarsi. L’Ascoli sta mancando in tutto ciò. Ieri il Pordenone, della quale squadra nessuno degli undici titolari potrebbero soffiare il posto a qualunque nostro giocatore, è stata squadra. Corta, aggressiva, compatta e con un idea. Quella di aggredire l’Ascoli in una determinata zona di campo e sfruttare le ripartenze nella falla che si creava sul nostro fianco sinistro. Un idea semplice, basilare, che non prevede la scientifica uscita della palla di memoria “guardiolana” e non prevede giocate codificate da schemi sofisticati come alcuni nuovi scienziati del calcio propongono. Ma un idea semplicemente condivisa da giocatori che seguono il proprio allenatore, bravo, bravissimo a farsi seguire da loro. La sconfitta di ieri non può e non deve chiamare lontano dalle responsabilità il tecnico Zanetti. Perché lo ripetiamo. Se un’accozzaglia di singoli il 22 Dicembre non è ancora squadra, la colpa in larga parte va al suo allenatore. Il sottoscritto, che ha sempre predicato pazienza in nome di un torneo equilibriato, ieri la pazienza l’ha persa davanti a una partita in cui un avversario molto più modesto sul piano tecnico dell’Ascoli, ha vinto con meriti più larghi di quanto non dica il punteggio. Ieri il vecchio volpone di Attilio Tesser ha vinto, stravinto il confronto col giovane Paolo Zanetti, e non per 2-1, ma per 10-0. E Paolo Zanetti, che è un uomo intelligente, non può non aver preso appunti. Sorvoliamo poi sulla lettura tattica della gara in corso. D’Elia non sarà un fulmine di guerra in fase difensiva, e lo sappiamo da sempre. Ma se tu, terzino che stai sotto la mia panchina, soffro terribilmente l’avversario che sta davanti a te e continui imperterrito a salire, io allenatore ho il dovere di richiamarti, di tenerti bloccato, di farti aiutare dalla mezzala davanti a te o anche di invertirla (Cavion con Brlek), per dare una correzione alla situazione che ci faceva soffrire. Niente di niente. Il nostro attaccava, sprecando le sue energie per offendere, e poi non marcava. La società, che ha fatto sforzi ammirabili in estate, e continua e continuerà sicuramente a farli perché ha la giusta ambizione di voler riportare l’Ascoli in alto, non può tollerare una gara del genere. Zanetti e la squadra sembrano soffrire entrambi della stessa malattia. Una specie di sindrome di Peter Pan, che nel momento in cui sembra sparire con la compagine bianconera che può spiccare il volo, si ripresenta puntualmente. Il Natale sarà amaro, ma per sperare che Santo Stefano e Capodanno siano migliori, ci auguriamo tutti che il foglio di appunti del nostro tecnico, sicuramente capace ma ancora acerbo, sia pieno di appunti da presentare alla squadra, che possano far sì che Pisa e Benevento servono per trasformare definitivamente questo bambino capriccioso che è il nostro Ascoli in un adulto consapevole di avere le doti per approdare ai play off.
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